Essere lasciati, eppur sorridere
L’esperienza dell’ essere lasciati, del subire la decisione di porre fine ad una relazione sentimentale in cui ci si trova coinvolti, appartiene al bagaglio della stragrande maggioranza degli esseri umani.
La gamma delle reazioni possibili a questo evento è molto ampia, e può spaziare dal sollievo alla disperazione più totalizzante. Per alcuni è un’esperienza traumatica che lascia ferite ancora nel presente, per altri l’occasione di riscoprirsi più “forti”, di valorizzare al meglio se stessi e la propria libertà.
Quando si viene lasciati, cosa impedisce una fisiologica “elaborazione della perdita” della relazione? Molto spesso si tratta di cognizioni negative che hanno a che fare col rimorso, la colpa e la disistima, quali ad esempio: “Non mi ero accorto che le cose non andavano”, “Se solo avessi detto o fatto…”, “E’ colpa mia…”, “Non valgo niente…”, “Non sono abbastanza per lui/lei…”.
Può capitare che la fine di una relazione significativa risvegli nella persona lasciata un vissuto latente di solitudine e dipendenza, per cui il dramma percepito non è solo, o non tanto, quello di essere stato “lasciato dal partner”, ma piuttosto quello di essere abbandonato, di essere “lasciato a se stesso” .
Anche quando non sono presenti vissuti profondi e disfunzionali di questo tipo, il processo di risollevamento personale richiede un certo lasso di tempo. Durante questo periodo si può essere soggetti ad umore depresso e svogliatezza, forte senso di precarietà che genera ansia, stress, insonnia, ossessivi pensieri riguardanti l’ex i cui assalti è difficile tenere a bada.
E’ importante sottolineare che tutto questo è assolutamente normale e fisiologico: un intervento professionale di supporto psicologico o psicoterapia si rende necessario qualora tali manifestazioni, per durata ed intensità, inizino a generare una compromissione delle quotidiane attività della persona, ad esempio sul piano relazionale, scolastico, lavorativo, o della cura di sè.
C’è un’altra reazione emotiva, oltre quelle citate, che intervengono nel processo di elaborazione della perdita della relazione sentimentale: la rabbia. Spesso tale emozione riveste, in questo contesto, una funzione adattiva e protettiva, nel senso che contribuisce all’espulsione dell’altro dalla nostra mente e dalla nostra vita, per tutto il tempo che ci è necessario. Attenzione: stiamo parlando del sentimento della rabbia, non di agiti aggressivi o violenti. Essere capaci di provare rabbia, ad un certo punto dell’elaborazione della perdita, facilita l’emancipazione dal soggetto amato. Per alcuni sarà la prima e più spontanea reazione all’ essere lasciati, per altri il punto di arrivo affatto immediato di un processo di lettura e rilettura reiterata di ciò che è stato, di com’è andata, del ruolo giocato dall’uno e dall’altra.
Naturalmente anche il “come si viene lasciati” fa la differenza nel determinare le diverse reazioni emotive, ed ogni modalità risuonerà con la struttura di personalità della persona lasciata in modo unico. C’è chi ci lascia solo dopo aver costruito una “solida alternativa a noi”, chi ci lascia e nemmeno lo sa, arrivandoci spontaneamente all’interno di una “chiacchierata”, chi ci lascia per telefono, chi su Facebook, chi su WhatsApp, chi ci vuole lasciare ma non se la sente, chi sparisce e basta, chi vuole ferirci, chi non vorrebbe ferirci ma ci riesce lo stesso, chi ce lo dice piangendo più di noi, chi si sforza di controllarsi per essere freddo, chi non ha bisogno di sforzarsi, chi ci organizza una serata romantica per dircelo, chi facendo l’amore un’ultima volta, chi ci lascia d’impulso, chi invece pianificandolo un mese prima, dopo aver informato famiglia ed amici ed avendo già preso in affitto un altro appartamento.
Non esiste purtroppo un “modo universale, corretto ed indolore” di essere lasciati che sia valido per tutti, ma se il nostro ex partner ci conosce saprà forse scegliere le parole che siamo più in grado di tollerare.
Accade di frequente che la persona lasciata vada ostinatamente alla ricerca del perché, della giustificazione ultima, del motivo esatto per il quale si è stati lasciati. Si tratta di una ricerca che, se protratta, molto raramente è di aiuto, ma piuttosto rischia di cronicizzare la sofferenza. Questo non significa che non si possa chiedere il perché: l’assenza di spiegazioni in un momento così delicato lascerebbe inermi, esterrefatti, confusi, in preda a fantasie ansiogene. Chiedere, laddove non vengano date sufficienti spiegazioni, è lecito e funzionale. Si tratta però di comprendere, ad un certo punto, che non esiste alcuna “spiegazione” che, per quanto elaborata, davvero possa servire ad accettare quanto sta avvenendo.
Al di là di ogni motivazione addotta, in fondo ci troviamo di fronte ad una persona che ha deciso di non averci più nella sua vita (non come partner almeno), che ha capito che il sentimento che c’era prima ora non c’è più, una persona che si è presa la responsabilità di scegliere, e di comunicarci la sua scelta, “accettando di perderci”. In fondo non c’è null’altro da sapere, ora sta a noi andare avanti.
Come affrontare dunque l’esperienza dell’ essere lasciati?
Evita di:
- porti più domande del necessario, ma non esimerti dal porre al partner quelle che davvero necessitano di una risposta.
- darti la colpa di ciò che è accaduto: no, non hai tutto questo potere di condizionare gli eventi, è l’altro che ha deciso.
- fare inferenze generali su di te a partire da questo evento: se inizi a pensare le più brutte cose di te e sul tuo valore, questo non ha più a che fare con l’essere stato lasciato, ma è piuttosto il segnale di un nodo personale che richiede di essere affrontato.
- monitorare i movimenti dell’ex, soprattutto attraverso i social network o lo “spionaggio” dell’ultimo accesso su WhatsApp: tutto ciò che hai bisogno di sapere è che ti ha lasciato.
Prova a:
- rispettare, accettandola come assolutamente fisiologica, la necessità di piangere in alcuni momenti: il pianto è funzionale ad un normale processo di elaborazione della perdita della relazione.
- dosare, alternandoli, i momenti di ritiro solitario nel proprio dolore e quelli di ricerca di sollievo, compagnia e svago: entrambi sono importanti.
- mettere in dubbio che andasse tutto bene nel rapporto con l’ex: una retrospettiva critica può contribuire ad un più rapida accettazione. Spesso in questa retrospettiva si può individuare perlomeno uno sbilanciamento di investimento nella relazione,fra sé e l’altro.
- lasciar emergere, fra gli altri, anche il sentimento della rabbia: è normale che tu possa essere risentito verso l’ex per ciò che ti sta accadendo. Spesso è un passaggio importante per riuscire ad approdare alla percezione che “meriti chi ti merita”.
- valorizzare il tempo e le risorse liberate dalla fine della relazione: torna a frequentare i tuoi interessi, trovane di nuovi, esplora possibilità (lavorative, relazionali, di fare un viaggio, ecc). Osserva: ogni cosa che ti circonda può aprirti orizzonti.
E tu? Che esperienza hai vissuto? Raccontacela all’indirizzo levostrestorie@amaresano.com