Lasciare il partner
Lasciare il partner, rendersi artefice della rottura di una relazione sentimentale, è sempre una scelta travagliata e complessa, a prescindere dalle circostanze nelle quali tale decisione viene presa.
Soprattutto nel caso di relazioni di lunga durata, dare seguito al venir meno del sentimento verso l’altro, concretizzandolo attraverso un’azione decisa, risulta difficoltoso. Emergono insicurezze, paure, riserve, angosce, sensi di colpa. Si immagina l’incontro decisivo, in cui si “dirà tutto” al partner, e al solo pensiero la mano che dovrebbe alzare il telefono per definire l’appuntamento si inceppa, il piede che dovrebbe condurvi si blocca, un nodo in gola strozza la parola. Lasciare, una volta compreso che l’amore verso l’altro è venuto a mancare, è un atto di responsabilità, e come tutti gli atti di responsabilità è soggetto ad infiniti rimandi, ripensamenti, timori.
Uno degli elementi che rende questa azione complessa è la paura della sofferenza dell’altro. Si cerca di trovare il momento giusto, una circostanza che possa rendere la comunicazione meno dolorosa, si arriva a desiderare di comunicare la decisione “a distanza di sicurezza” attraverso telefono, sms, mail, ecc. Ciò che più spaventa è il timore di non saper tollerare il dolore del partner: proprio non ci si vuole calare nella parte di chi “fa soffrire”. In un gioco di proiezioni ed identificazioni, ci si mette nei panni dell’altro, immaginandosi le sue reazioni emotive, identificandosi con esse, quasi provandole sulla propria pelle, e ci si paralizza al pensiero di poterne essere la causa.
Per superare questa impasse è importante ribaltare la prospettiva: il vero torto che si causa all’altro non è quello di lasciarlo, ma di continuare a prolungare una relazione della quale sono venute a mancare le basi emotive e motivazionali, tradendo in questo modo l’altro, e se stessi. In questo senso riconoscere la verità, esplicitandola al partner, è un atto di correttezza, coerenza e rispetto, ed in fondo anche d’amore. Quando una relazione finisce, la sofferenza è difficilmente eludibile (soprattutto quella del partner che viene lasciato); ciò che conta è comprendere che non si è responsabili dell’altrui felicità od infelicità, e che la scelta è tra lo star male (anche) in due, o il dare a sé e all’altro l’opportunità di acquisire un rinnovato equilibrio personale ed intraprendere un nuovo percorso, sganciandosi da un rapporto affettivo percepito ormai come privo di presupposti.
Un altro ostacolo frequente rende difficoltoso mettere in pratica la decisione di lasciare: l’incognita del domani. Lasciare è una rivoluzione, uno strappo con qualcosa in cui si aveva creduto ed investivo, qualcosa che era stato desiderato, costruito, alimentato, qualcosa che si dava per scontato, assodato, immutabile. Lasciare diventa in questo senso una frattura, più che nell’altro, in se stessi, nella propria identità: in questa accezione lasciare il partner non assume più i connotati di un “assassinio”, ma bensì di un “suicidio” emotivo. A volte il timore di lasciare è timore di restare soli, e tale tipo di difficoltà può nascondere un’ angoscia di abbandono: la rassicurante abitudine della presenza del partner appare, al prospettarsi di una svolta radicale, più pesante sul piatto della bilancia, mentre minor peso acquisiscono, sull’altro piatto, insoddisfazione, frustrazione, incomunicabilità o continui litigi nella coppia. Qualunque stato di cose appare meno doloroso rispetto all’affrontare la solitudine, al rimettersi in gioco “da solo”, all’aprire nuovi scenari dall’esito incerto.
Questo può accadere quando la fine di una storia sentimentale viene vissuta come un fallimento personale: “non sono stato capace di far funzionare le cose”, “non sono stato in grado di trovare la persona giusta”, “forse non mi merito di più”, “in fondo mi ama, chi altro lo farà?”. In questo caso il presupposto disfunzionale implicito è che il proprio benessere dipenda dall’altro, e viene pertanto a mancare quel senso di controllo sulla propria vita necessario per autodeterminarsi, e che permette di plasmare le proprie scelte e la propria serenità.
Interrogarsi su quale sia l’origine del proprio conflitto interno rispetto al lasciare, se il timore della responsabilità o invece del restare soli, è il primo passo per riuscire a mettere in atto una scelta consapevole, e per finalmente sentirsi liberi di ricominciare ad amare.